martedì 31 ottobre 2017

L'Ostaria delle Dame - un locale famoso, 6 CD e Francesco Guccini

Riapre dopo 30 anni l'Ostaria delle Dame, (allora si chiamava così n.d.r.) la più famosa di quei locali bolognesi che negli anni ‘70 avevano caratterizzato la città, ora curata da un’associazione culturale mira a rinverdire i fasti di un tempo.
“Dopo 47 anni sono tornato qui e mi sono commosso ricordando gli amici che non ci sono più...” con queste parole Francesco Guccini ha presentato all' Osteria delle Dame il suo ultimo lavoro. Sarà disponibile dal 3 novembre, ma si vocifera che le prenotazioni siano già da record.
Si tratta di un triplo cofanetto con le registrazioni dal vivo di tre concerti eseguiti lì nel 1982, 1984 e 1985 custoditi e masterizzati da Gianni Grassilli, al tempo tecnico del suono dell’osteria e ritrovati da Paola Cevenini e Umberto Faedi.
L'Osteria in Vicolo delle Dame 2, a pochi passi dal Teatro Duse, un tempo frequentata dai Biassanot, fu aperta per volontà di Padre Michele Casali che coinvolse Francesco Guccini, come direttore artistico, per farne un luogo di aggregazione dove suonare, leggere poesie o discutere liberamente davanti ad un bicchiere di vino.
Tutti la conoscevano e ancora oggi è nell’immaginario collettivo uno dei luoghi più cari ai bolognesi e agli artisti che si sono esibiti su quel palco più o meno famosi o che poi lo sono diventati.
Per conoscere la vera storia però si dovrà leggere il libro, accluso al cofanetto dei cd di Guccini, meticolosamente redatto da Umberto Faedi, giornalista bolognese e "memoria storica" di quanto è avvenuto in quegli anni. Il testo di 80 pagine è stato realizzato col contributo di Elisabetta Pasquali per la ricerca storica e la cura editoriale di Raffaella Zuccari, oltre  che essere completato dalle foto di Roberto Serra.
L' Ostaria delle Dame aprì ufficialmente la metà di ottobre del 1970 e tra quelle mura hanno risuonato canzoni di molti artisti che hanno ha fatto la storia della canzone d'autore. Citarli tutti è impossibile, senza correre il rischio di dimenticarne qualcuno, per cui il consiglio è quello di acquistare il cofanetto per conoscere un pezzo di storia, non solo di Bologna ma della musica italiana .

Livia Elena Laurentino

lunedì 30 ottobre 2017

Il Prato nel Piatto - BARDANA


La Bardana, grande e portentosa.
La bardana è conosciuta come Lappola o Arctium lappa. È considerata un’erba infestante e la si riconosce facilmente per le dimensioni, anche ragguardevoli, che può raggiungere, e dalle grandi foglie cuoriformi. È una delle piante a segnatura lunare che si riconoscono dal bicolore delle foglie, verdi nella pagina superiore e grigiastre o perlate (colore della luna) in quella inferiore. Il suo ciclo vitale si compie in due stagioni vegetative. In genere la radice si raccoglie durante la prima stagione vegetativa o entro l’autunno del secondo anno, poiché con il sopraggiungere del freddo tende a diventare sempre più fibrosa, quasi legnosa.
È un’erba spontanea che cresce in tutta Italia fino ai mille metri, Sicilia esclusa, e specialmente nei boschi, nei prati incolti e lungo gli argini dei fossi. Fa fiori poco appariscenti di color porpora che da secchi sembrano piccoli carciofi uncinati. Da bambini si giocava a lanciarseli addosso e rimanevano attaccati ai vestiti, in verità si attacca a qualunque cosa gli passi vicino, anche ai peli degli animali, è il suo modo per portare su lunghe distanze i suoi semi, cosa non fa la natura per prosperare. A volte, scherzo, dicendo che noi crediamo che l’uomo abbia “il chiodo fisso”, bè, le piante ci superano grandemente. Petola è il termine usato per designare i suoi frutti. Ecco da dove deriva petulante, termine molto usato dalla mia nonna Tecla!

La bardana appartiene alla famiglia delle Asteraceae come la camomilla, l’achillea, la cicoria, il cardo e l’ echinacea, tutte piante importantissime dal punto di vista fitoterapico. La Bardana è benefica per depurare il fegato, aiutare i reni e l’intestino,e inoltre, è ideale per la pelle e per i bulbi piliferi. Le sue foglie applicate su piaghe o eruzioni cutanee sono cicatrizzanti e vengono utilizzate anche per dolori articolari. È una pianta che aiuta a drenare ed a eliminare le tossine dall'organismo. Viene utilizzata per le sue proprietà depurative , ipoglicemizzanti e ipocolesterolemizzanti. È considerata una pianta depurativa importante, e le sostanze contenute nelle sue radici, la rendono un vero e proprio antibiotico naturale. La MTC la utilizza per il trattamento di mal di gola, ulcere, eritemi cutanei, reumatismi, vertigini e perfino nel trattamento del carbonchio, e il decotto dei suoi semi viene usato contro la gotta da lungo tempo. Nell’antica Cina, la bardana, veniva utilizzata per curare influenza e polmonite. Oggi, omeopaticamente, la bardana viene impiegata in caso di eczemi, dermatiti atopiche, psoriasi, ascessi cutanei, acne, piede d'atleta e perdita di capelli. Inoltre, viene utilizzata anche a scopo cosmetico per confezionare saponi, shampoo e creme atte a trattare secchezza della pelle, acne, infezioni, herpes. E noi la consideriamo solo un’erba…
Durante il Medioevo la bardana veniva diffusamente coltivata come verdura “povera”ed era indicata per curare la sterilità e l’impotenza, ma anche come antidoto per il veleno dei serpenti. È stata dimenticata a lungo per poi essere ripresa grazie alla macrobiotica che ne consiglia il consumo per il contenuto in fibre, oligoelementi, vitamine e il basso contenuto calorico. Tanto si è parlato di lei e tanto si è scritto, si narra che grazie agli estratti di bardana, un re di Spagna riuscì a guarire da una fastidiosa malattia della pelle, mentre in Albania, era considerata una pianta in possesso di proprietà magiche e per questo motivo veniva impiegata per curare le persone indemoniate. Ma restando in leggerezza, è curioso sapere che pare che l’inventore del velcro, lo strapp, il sistema apri e chiudi, chiamatelo come preferite, abbia preso spunto proprio dai frutti della bardana che rimasero attaccati ai suoi vestiti per idearlo. Che spettacolo la Vita!


Dal punto di vista alimurgico della bardana si usa quasi tutto: foglie, giovani getti, radici e semi sono eduli. Le sue foglie, da mangiare sono assai amare, ma sono una mano santa in caso di punture di zanzare, vespe, api o calabroni; triturate grossolanamente le giovani foglie e applicatele sulla parte lesa, vedrete che portento, gonfiore e dolore addios. Madre Natura ha sempre una risposta a tutto. La radice può essere tagliata a fette sottilissime ed essiccata al sole per conservarla da utilizzare al bisogno. La si può macinare e preparare un gradevole caffe', oppure, dopo averla reidratata, può essere aggiunta a zuppe di verdure, oppure, fresca, si cuoce e la si consuma in insalata condita all’agro. La radice contiene lignani, vitamine del complesso B, amminoacidi, magnesio, fosforo, manganese e potassio, polifenoli, mucillagini, gli amari tannini ed altre sostanze preziose contro batteri e funghi; ma soprattutto è costituita da inulina, un interessante probiotico che svolge un’azione drenante e purificante del sangue favorendo l’eliminazione delle tossine. Possono essere mangiati anche i giovane gambi che, privati della corteccia esterna, crudi in insalata, conditi olio e sale ricordano un po' il carciofo. La radice, invece, è caratterizzata da un profumo pungente e da un sapore delicato e dolciastro, io l’adoro. 

Ecco qui una ricettina facile e veloce, 
le CROCCHETTE di BARDANA: 
in autunno inoltrato raccogliete una bella radice di bardana, pulitela, tagliatela a listarelle e immergetela in acqua fredda per 5-10’ affinchè rilasci il pungente, poi cuocetela velocemente al vapore. Passatela nello schiacciapatate e conditela con olio evo, sale di Cervia alla salicornia (così avremo un piatto mare e monti) e aggiungete una cipollina rossa tritata finemente, timo, scorza di limone e prezzemolo fresco. A piacere potete inserire un uovo o un cucchiaio di fecola di patate. Amalgamate bene il tutto, preparate una placca con carta forno, formate delle polpette o dei piccoli medaglioni, cospargeteli con un po’ di gomasio e infornate per 10’. Gnammy.

Bene, siam giunti alla fine, “stretta è la foglia,    
larga è la via, dite la vostra che io ho detto la mia”. 
Così diceva la mia nonna Tecla, 
mia maestra d’erbe e di Vita.
Vi abbraccio forte, Beatrice Calia, l’Erbana.


venerdì 27 ottobre 2017

Gustosità di Neria - ZUPPETTA di FAGIOLI & FINFERLI


I funghi, con i loro profumi, esaltano in modo speciale pasta, riso e legumi. Oggi ho preparato una zuppa, nutriente e saporita ideale per queste giornate autunnali. 

La ricetta della ZUPPETTA di FAGIOLI & FINFERLI 

Ingredienti per 6 persone 250 gr di fagioli borlotti freschi, 300 gr di finferli, 1 spicchio di aglio, 1 rametto di rosmarino, 1 foglia di alloro, 1 cuore di sedano, 1 cucchiaio di farina, 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale, pepe, fette di pane casereccio, parmigiano grattugiato
Sbucciare i fagioli e lessarli in acqua fredda con una foglia di alloro per 30 minuti
dall'ebollizione, poi scolare la metà dei fagioli, passarli nel passaverdura, mescolare il passato al resto dei fagioli e lasciare raffreddare. 
In una padella soffriggere lo spicchio di aglio con un cucchiaio di olio, aggiungere gli aghi di rosmarino tritati finemente e i funghi puliti e tagliati a fettine. 
Cuocere velocemente per qualche minuto poi aggiungere i funghi al brodo di fagioli. 
Portare ad ebollizione e cuocere a fuoco dolce per una decina di minuti. 
Aggiungere un cucchiaio di farina stemperato in un poco di brodo, salare, pepare e continuare la cottura per alcuni minuti. 
Completare la zuppetta con un cuore di sedano tagliato a tocchetti. 
Abbrustolire le fette di pane casereccio e porle sul fondo dei piatti individuali, versarvi sopra la zuppa. Irrorare con un filo di olio, cospargere a piacere con parmigiano grattugiato e ancora un pizzico di pepe a piacere.
Servire la ZUPPETTA di FAGIOLI & FINFERLI caldissima. 








Un calice di Sangiovese, schietto, genuino, facile da bere come Fico Grande Sangiovese Romagna Doc Poderi Nespoli è il giusto compagno ad un piatto così saporito e confortante. 
Questo buon vino rosso si presenta di un colore rosso brillante con riflessi violacei; al naso è ricco di profumi di frutta rossa e note tipiche di viola; fresco, fruttato, con delicati tannini è un vino adatto a tutte le occasioni. Temperatura di servizio 16 – 18 gradi.
Buon lavoro e buon appetito! Neria Rondelli





martedì 24 ottobre 2017

30 ottobre a Bologna 4° edizione di EUBIOCHEF, la cena stellata a favore dell'ANT

Una data da segnare sul calendario, ma non prima di aver prenotato, è il 30 ottobre, presso il Ristorante La Porta di Bologna.  Come è ormai consuetudine nel mese di ottobre, giorno più giorno meno, l'appuntamento gastronomico più importante della città è l' Eubio - cena organizzata dalla Fondazione ANT, Associazione Nazionale Tumori, che dal 1978 si occupa, in primis, dell'assistenza domiciliare dei malati di tumore  e di prevenzione gratuita in 10 regioni italiane.
Per l'edizione 2017 il testimonial "stellato" sarà Mauro Uliassi, del Ristorante Uliassi di Senigallia  e precursore con il suo futuristico truck "Street good "dello street food di alta classe. Lo chef marchigiano aprirà la serata intervistato dal giornalista Mauro Bassini e a seguire l'Eubio - cena offerta  11 chef e pasticcieri che si avvicenderanno ai fornelli per preparare la propria specialità.
Per la quarta edizione di Eubiochef  ci saranno Lucia Antonelli (Taverna del Cacciatore), Stefano Bartolini(Osteria Bartolini), Francesco Elmi (Pasticceria Regina di Quadri), Erik Lavacchielli (Fourghetti), Raffaele Liuzzi (Locanda Liuzzi), Max Mascia (Ristorante San Domenico Imola), Cristian Mometti (La Porta di Bologna), Maria Grazia Soncini (La Capanna di Eraclio), Massimo Spigaroli (Antica Corte Pallavicina), Gabriele Spinelli (Pasticceria Dolce e Salato), Irina Steccanella (Mastrosasso). Alle 22.00  ci sarà la lotteria Dolcetto o scherzetto che vedrà in palio numerose cene offerte dagli chef partecipanti e come primo premi in palio  quella presso il Ristorante Uliassi.
Chi volesse prenotarsi potrà farlo presso :
le SEDI ANT in via Jacopo di Paolo 36 o in Corte Isolani 8/A
UNDICIEFFE in via XXI Aprile 11/B
CALZEDONIA in Via Indipendenza 2/F
PROFUMERIA MURRI in via Murri 49                                          Livia Elena Laurentino

lunedì 23 ottobre 2017

IL Prato nel Piatto - VITALBA



La Vitalba 
In Natura ogni cosa ha un suo perché, ma c’è una pianta che non riesco a farmi piacere, si tratta della clematide, altrimenti detta vitalba, ranuncolacea rampicante e legnosa che si fa notare per la sua “ingordigia”. È molto facile riconoscerla, pare una liana che si allunga e si arrampica sugli alberi formando lunghissime liane. Liane lunghe oltre i 20 metri che si avviluppano sugli alberi soffocandoli. Quando posso la taglio, e vi assicuro che pare infinita, tiro, taglio, libero piante, lei è molto forte e resistente, inoltre sviluppa alla base grossi tronchi legnosi fortissimi e ben radicati. Ho letto da qualche parte che ha radici sotterranee che crescono come la parte aerea della pianta, pauraaa.
La Clematis vitalba è un’ infestante che cresce negli incolti e nei boschi, assieme ai rovi crea dei veri e propri grovigli inestricabili a danno della vegetazione arborea che viene letteralmente aggredita e soffocata. Soffermatevi ad osservarla, crea giganteschi cespugli simili a cuscinoni che inglobano tutto ciò che incontra, si arrampica e pare correre anche sui pali della luce. Noterete che spesso gli alberi vengono ricoperti e sopraffatti da questa rampicante capace di distruggere interi boschi se lasciati in stato di abbandono. Mi viene spesso da pensare che alcune piante assomigliano molto alla specie umana. Un tempo, il bosco veniva tenuto pulito dagli animali, era la loro presenza che teneva a bada le infestanti, oggi se non si tiene pulito bosco e sottobosco, la “famelica” vitalba la fa da padrona. Eppure ha un così bel nome, forse dovuto al biancore dei suoi fiori che in autunno si trasformeranno in acheni dalla lunga estremità bianca epiumosa.
È interessante scoprire che la vitalba in Nuova Zelanda è stata dichiarata organismo non gradito e non può essere propagata, distribuita o venduta. Rappresenta , per la sua crescita veloce e vigorosa, una minaccia per le specie native. In Italia, invece, una direttiva del Ministero della Salute del luglio 2009, non consente di inserire l’intera pianta erbacea negli integratori alimentari. Ciò non stupisce, perché è una pianta velenosa in tutte le sue parti e dagli effetti anche mortali. Per la presenza di alcaloidi e saponine risulta caustica e irritante. Può provocare irritazioni cutanee al contatto, produce sulla pelle lesioni eritematose, pustole, vesciche e ulcere. I mendicanti solevano applicare sulla pelle le sue foglie stropicciate per procurarsi piaghe e ulcere per suscitare commiserazione tra la gente. Detto ciò, è assurdo pensare che in passato qualcuno si sia addirittura fumato la parte legnosa della vitalba, pratica da evitare assolutamente, la nicotina è poca cosa se confrontata a quello che questa pianta può provocare. Vi racconto ciò perché sento spesso di persone che utilizzano i giovani germogli della vitalba per preparare frittate o zuppe, io me ne guardo bene, anche se so che tanti si “vantano” di averla mangiata e continuano a farlo. 
Credo che abbiamo a disposizione una grossa quantità di erbe spontanee che non mettono in pericolo il nostro stare, quindi evito di raccoglierla e cucinarla, ma ognuno è libero di fare come crede, a proprio discapito.
In alcuni testi si legge di raccogliere i germogli prima che le sostanze tossiche della pianta si concentrino troppo, però, per tutelarsi, consigliano di non consumarne grosse quantità. Anche se la lessatura può diminuire la tossicità e il loro sapore amaro, io non ve la consiglio. Un tempo il cibo scarseggiava e i corpi dei nostri antenati erano più vivificati, oggi le nostre reazioni sono differenti. Nelle Marche, invece, i germogli di vitalba sottolio sono stati ufficializzati come prodotto tipico per il loro consumo abituale nella provincia di Pesaro e Urbino.

A volte i germogli vengono addirittura utilizzati a scopo terapeutico, per depurare il sangue, come accade in Garfagnana. Io ho deciso di non utilizzare questa pianta, la trovo troppo invasiva e dal carattere manipolatore oppressivo, subdola. Per alcuni è una mia esagerazione, ma non riesco a farmela piacere, però ognuno faccia come meglio crede. 
Oggigiorno, a causa della sua tossicità, la vitalba viene usata raramente per scopi terapeutici. In passato, però, le foglie fresche erano utilizzate come revulsivo energico contro artriti, sciatiche e gotta, si preparava un unguento che veniva utilizzato come antidolorifico generale. Utilizzo abbandonato perché aveva un effetto vescicatorio che provocava ulcere dolorose. Per uso interno era utilizzata come violento purgante, poi abbandonata perché la dose terapeutica è assai vicina a quella tossica. Il suo portamento ha ispirato Bach a inserirla tra i suoi rimedi. Come fiori di Bach è detto dell'artista, del creativo, dello scrittore e di colui che cerca ispirazione, viene consigliato per alleviare i disturbi depressivi e l’alterazione dell’umore. Clematis è indicata a coloro che sognano ad occhi aperti, coloro che indifferenti alla vita fuggono dalla realtà per rintanarsi nella fantasia, sognando un futuro immaginario e hanno uno scarso interesse per il mondo presente, i facilmente manipolabili.
Nella storia ho trovato la Vitalba menzionata in diverse occasioni. Gli antichi romani la facevano crescere accanto ai muri delle loro abitazioni, perchè la consideravano preservatrice dai temporali, invece con le piume leggerissime dei frutti della clematide, un tempo assai lontano, si fabbricavano piumini a basso costo che scaldavano alla pari di quelli con le piume d’oca, senz’altro meno dolorosi.
La mia amica Monica mi ha detto che la vitalba è considerata molto pratica per fare i cesti a mano. Materiale elastico, costa nulla ed è facilmente reperibile. Viene considerata “il vimini dei poveri” seppure non sia ugualmente resistente. Il risultato risulta di colore chiaro rispetto al vimini. Le liane di vitalba si raccolgono ad agosto, si spellano, e si hanno così a disposizione dei fili lunghi lunghi. Questa sua lunghezza, non costringe a fare aggiunte mentre intrecci, con un ramo si fa quasi un cesto. Per l’abc dei provetti cestai è adatta, e grazie alla praticità della sua elasticità, superi la sua invadenza. Finalmente una nota positiva.
                                       

Bene, siam giunti alla fine, “stretta è la foglia,    
larga è la via, dite la vostra che io ho detto la mia”. 
Così diceva la mia nonna Tecla, 
mia maestra d’erbe e di Vita.
Vi abbraccio forte, Beatrice Calia, l’Erbana.

venerdì 20 ottobre 2017

Gustosità di Neria - CIPOLLE RIPIENE al FORNO


Le verdure spesso sono relegate a ruolo di semplice contorno ma, preparate e abbinate nel modo giusto, possono diventare anche un secondo leggero e gustoso. Oggi ho preparato una pietanza con dolcissime e delicate cipolle di Giarratana. Buonissime da provare...




La ricetta delle CIPOLLE RIPIENE al FORNO 



Ingredienti per 4 persone 4 grosse cipolle di Giarratana, 200 gr di bietola, 100 gr di caciocavallo, 10 pomodori secchi, olio extravergine di oliva, sale, pepe

Sbucciare le cipolle, lavarle sotto l'acqua corrente e sbollentarle per 5 minuti in acqua leggermente salata. 
Terminata la cottura, scolarle e lasciarle raffreddare. 
Preparare intanto le bietole: pulirle, metterle in un recipiente e lavarle ripetutamente per eliminare i residui di terra. 

Senza asciugarle farle appassire per qualche minuto in una grossa padella antiaderente. Svuotare parzialmente le cipolle, quindi tritare grossolanamente la parte asportata con le bietole ben strizzate. 

Mettere il composto in una ciotola e unire il caciocavallo grattugiato e i pomodori secchi tagliuzzati fini; aggiustare di sale e pepare a piacere. Preriscaldare il forno a 180 gradi. 

Riempire con il ripieno preparato le cipolle. Disporle in una pirofila da forno unta leggermente con l'olio e infornarle per quindici minuti circa fino a fondere il formaggio.
Servire CIPOLLE RIPIENE al FORNO calde , ma sono ottime anche tiepide.Un calice di Oppidum Moscato di Terracina Doc Secco Cantina Sant'Andrea completerà piacevolmente questo delicato secondo piatto. 
Il moscato di Terracina è un eccellente vino bianco che si produce nella parte meridionale del Lazio; ha origini antichissime infatti sembra che la coltivazione dell’uva moscato sia stata introdotta dai Greci che approdarono su quella costa e là producevano questo ottimo vino molto apprezzato dai romani . 
Si trovano infatti notizie di questo moscato in diversi scritti di Plinio e Vitruvio Pollione. Colore giallo paglierino brillante, sapore di frutta matura con sfumature agrumate e miele, piacevolmente aromatico, equilibrato e persistente, questo eccellente vino bianco secco si abbina perfettamente alla mia pietanza ma è perfetto anche come aperitivo o in accompagnamento a piatti a base di pesce e preparazioni con formaggi anche erborinati. Temperatura di servizio 10 - 12 gradi.
Buon lavoro e buon appetito! Neria Rondelli





mercoledì 18 ottobre 2017

L'arte del Caffè si impara alla Bottega Portici Academy a Bologna


Una recente indagine di un autorevole quotidiano economico italiano dice che in Italia ogni giorno vengono consumate oltre 25 milioni di tazzine di caffè, ma quanti dietro al banco lo sanno fare e sanno che cosa stanno servendo ?
Ma soprattutto il consumatore sa davvero cosa ordina e cosa beve ?
Una semplice "tazzulella 'e cafè", come cantava Pino Daniele, fa parte della storia del nostro paese, anzi sono proprio gli italiani ad aver scritto la storia dell'espresso ideato nel 1884 da Angelo Moriondo che ha inventato la prima macchina automatica.
Lungo, ristretto, corretto, macchiato ognuno lo sceglie secondo il proprio gusto, l'importante è che sia fatto con una buona miscela e secondo la regola. 
Ecco perchè a Bologna Bottega Portici Academy, oltre ai corsi di pasta fresca, con la quale si è lanciata secondo la migliore tradizione emiliana, ha deciso di introdurre anche un Corso di caffetteria, rivolto non solo ai professionisti, ma anche ai cultori del caffè per meglio apprezzarne tutte le sfumature. 
Maestro ai corsi Manuel Terzi, torrefattore bolognese tra i più noti in Italia, che con I Portici Hotel ha da tempo avviato una collaborazione e per il quale ha ideato appositamente una miscela in esclusiva, la n°6.
Entro il 2017 sono previsti dalla Bottega Portici Academy tre corsi dedicati all'espresso e altri tre per imparare l'arte del cappuccino perfetto. 
Si apprenderà non solo la manualità, ma anche la storia e le caratteristiche da sapere per l'utilizzo di un buon latte.
Livia Elena Laurentino






















martedì 17 ottobre 2017

RENZO ARBORE - Click di Joanna Marioni


Festa di fine estate a Forte dei Marmi con Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana.


Lo showman ha esportato la nostra musica nel mondo diventandone uno dei più illustri rappresentanti; conosciuto e acclamato negli Stati Uniti, in Cina, in Messico, in Canada, in Australia, in Giappone e in tutta Europa ottenendo svariati premi, record di spettatori e il riconoscimento di “ambasciatore della musica e della cultura italiana nel mondo”.


Il re degli intrattenitori, travolgente e contagioso, cattura la simpatia e l’entusiasmo del suo pubblico che fin dalle prime note lo accompagnerà per l’intera durata del concerto in cori e calorosi applausi.
Ottima musica e delicata autoironia hanno reso la serata memorabile, in cui Arbore ha coniugato con maestria il nuovo e l’antico suono di Napoli.


Per quasi tre ore ha cantato accompagnandosi alla chitarra e al pianoforte e ha fatto sognare con il suo immancabile e attesissimo clarinetto.


Nello show grande spazio anche ai 15 talentuosi musicisti che da anni lo accompagnano in questa splendida avventura musicale: Gianni Conte, Barbara Buonaiuto e Mariano Caiano, con le loro inconfondibili e accattivanti voci, Giovanni Imparato maestro di virtuosismi vocali e ritmici, Massimo Volpe responsabile della direzione orchestrale e pianista d’eccezione, Gianluca Pica, il talento della fisarmonica, Michele Montefusco con Paolo Termini e Nicola Cantatore alla sezione chitarre, Peppe Sannino maestro del ritmo con le sue percussioni, Roberto Ciscognetti alla batteria, Massimo Cecchetti al basso, Nunzio Reina con Salvatore Esposito e Salvatore della Vecchia ai mandolini.  Testo e foto by Joanna Marioni

lunedì 16 ottobre 2017

Il Prato nel Piatto - TOPINABUR


Il Topinambur, fiore giallo che sa di carciofo e colora l’autunno

Il topinambur è un parente stretto del girasole e anche se è di grandezza differente gli assomiglia molto. Sapete, entrambi hanno fiori che seguono la luce del sole ruotando per godere di ogni più piccolo raggio. L’avrete incontrato tantissime volte senza sapere che fosse lui. Cresce in posizioni soleggiate e forma dei bei cespugli di foglie “ruvide” color verde scuro, e all'inizio dell'autunno sbandiera margheritoni alti color giallo acceso che pare abbiano catturato la luce calda del sole dell’estate. Il topinambur selvatico cresce in maniera disordinata, è una pianta rustica e robustissima, detto anche margherita dei fossi perché è facile incontrarlo lungo le strade di campagna, nei campi e negli incolti. Fiorisce da fine agosto e può andare avanti per tutto ottobre, e lo si nota per la sua esuberanza. È molto appariscente e molto invadente, anzi infestante. I suoi fiori crescono sui forti steli che svettano gioiosi raggiungendo in alcuni casi anche 3 metri di altezza, lunghi steli con girasoli in miniatura. È un’ erba perenne talmente bella, che la si può coltivare anche in giardino per godersela per tutto l’autunno poi, dopo la fioritura, la parte aerea della pianta muore, ma nel suolo rimangono i numerosissimi tuberi generati dall'apparato radicale molto ramificato, tuberi bitorzoluti che ricordano un po’ lo zenzero. I tuberi crescono anche ad un metro di profondità, capite che non sarà facile liberarsene o contenerne l'espansione, ma a noi interessano per la loro peculiarità edibile. Quello selvatico fa piccoli tuberi, ma da coltivato, ogni pianta può produrre tre o quattro chili di “patatine” che raggiungono il loro massimo volume solo in autunno inoltrato, momento della raccolta. I tuberi vanno lasciati sotto terra o ricoperti di terra fino al momento del consumo. Non temono il gelo, ma se portati all’aria tendono a raggrinzire nel giro di dieci giorni. Se ne avete la possibilità, provate a coltivare il topinambur nell’orto o in vaso, potrebbe essere una buona idea quest’ultima soluzione, così, quando la pianta si secca, si possono prelevare i tuberi semplicemente capovolgendo il contenitore. La coltivazione del topinambur è simile a quella delle patate e di grande soddisfazione.
Il topinambur nel periodo di guerra è stato un’importante risorsa alimentare considerata provvidenziale. Molteplici sono le sue funzioni, la parte aerea verde è molto apprezzata come pianta foraggera per il bestiame, il profumo dei fiori è sgradito alle mosche e ciò fa di lui un buon insetticida naturale, poi è stato utilizzato per produrre etanolo, ma la sua funzione più gradita è quella edibile. Un tempo mangiare topinambur voleva dire essere poveri, oggi invece viene considerato “pianta medicinale” perché i suoi tuberi sono ricchissimi di vitamine del gruppo A e B, e di inulina, carboidrato imparentato all’amido, che però i succhi salivari e gastrici non trasformano in zuccheri. Tiene sotto controllo la glicemia e quindi è consigliato a chi soffre di diabete (ha un indice glicemico di molto inferiore a quello delle patate). Inoltre, favorisce lo sviluppo di batteri utili, che, svolgendo un' azione probiotica, aiutano a riequilibrare la flora intestinale e a rafforzare l’attività immunostimolante. Riduce il colesterolo, stabilizza la concentrazione del glucosio nel sangue e dell'acido urico. Date queste sue caratteristiche peculiari, è conosciuto come patata dei diabetici, rapa tedesca o carciofo di Gerusalemme, ed è utilizzato in ricette assai sfiziose. Poco calorico e, grazie alla presenza di sali potassici, contrasta la ritenzione idrica. Altri sali minerali e oligoelementi sono presenti in buona quantità: magnesio, ferro, fosforo, rame, selenio e zinco. Così, questa patatina dall’apparenza poco invitante nasconde tante proprietà utili al nostro organismo e un sapore sorprendente.
Le varietà di topinambur sono due: la bianca precoce che troviamo disponibile in commercio da fine agosto e la bordeaux che troviamo invece in commercio da ottobre fino ad inizio primavera. Di lui se ne decantano le molteplici virtù: è senza glutine, è un buon disintossicante, è utile in caso di stitichezza, ha un alto contenuto proteico, combatte l'anemia, riduce i livelli di zuccheri nel sangue, combatte lo stress e la stanchezza, aumenta le difese immunitarie e accelera il metabolismo, facilita la secrezione biliare verso l'intestino; facilita il rilascio dell'urina; agevola la funzione digestiva; è tonico e rafforza l'organismo. Le sue proprietà energetiche lo rendono un alimento consigliato nella dieta degli anziani, dei bambini e in generale delle persone convalescenti. È davvero un portento e inoltre è anche buono sia crudo che cotto. Io lo adoro e lo trovo golosissimo, costa un po’, ma li vale tutti.
Strofinando il tubero sotto l’acqua corrente con una spazzola di cocco, se ne toglie la buccia scoprendo all’interno una polpa bianca che potrete tagliare come meglio credete. Vi consiglio di provare a consumarlo crudo, condito semplicemente con limone, olio, sale e pepe, tagliato sottile fatelo marinare una mezz’oretta prima di consumarlo e poi spolveratelo con un trito di prezzemolo, ve ne innamorerete. Il mangiarlo crudo, permette di mantenere intatto il suo contenuto di antiossidanti, di vitamine e di sali minerali. Attenzione però, perché se non si è abituati a mangiare legumi, solforose e topinambur, non si hanno gli enzimi atti a digerirli e ciò scatena la scoreggia, e allora ve lo consiglio in umido, saltato in padella con aglio e prezzemolo, ma è ottimo anche a quadrotti nei risotti o come farcia nei rotoli di cecina, al vapore aggiunto nelle insalate di legumi, in purea per condire un piatto di pasta, in tortino come secondo o antipasto. Il topinambur ha un sapore abbastanza delicato, un misto tra la patata e il carciofo con una nota più dolce. La cottura è simile a quella delle patate, quindi strolgatevi una ricetta semplice e non abbiate paura di sperimentarla.
In Piemonte viene utilizzato per la tipica bagna cauda e per la fonduta. E voi come lo mangerete?
Inizio autunno comincio a consumare il topinambur cogliendone i fiori. Adoro questi fiori per il loro colore meraviglioso e ne utilizzo i petali, sia freschi che essiccati, per guarnire e dare sapore ai miei piatti, provateli, rimarrete stupiti dall’intenso sapore di topinambur che si sprigiona dai petali, e vi preparerete a consumarne a breve i tuberi, cibo prezioso dall’alto valore nutraceutico.

Bene, siam giunti alla fine, “stretta è la foglia,    
larga è la via, dite la vostra che io ho detto la mia”. 
Così diceva la mia nonna Tecla, 
mia maestra d’erbe e di Vita.
Vi abbraccio forte, Beatrice Calia, l’Erbana.

domenica 15 ottobre 2017

Una nuova "avventura " per la Macelleria Zivieri a Bologna

Con una grande festa è stato inaugurato nuovo laboratorio con annesso un grande negozio al dettaglio della Macelleria Zivieri.
Così dopo RoManzo, il punto vendita con degustazione già presente nel Quadrilatero al centro di Bologna, ecco che nell'anno in cui si festeggiano i trent'anni di attività la storica macelleria di Monzuno offre alla sua clientela la possibilità di acquistare le proprie carni ed i salumi in un'altra zona della città, dove c'è  anche la possibilità di un comodo parcheggio.
Il nuovo esercizio commerciale si trova in Via Dozza 36 a Zola Predosa.
Nella mattinata di ieri gli ospiti sono stati accolti dagli invitanti profumi delle carni arrostite.
Ai barbecue c'erano lo chef del ristorante QuantoBasta Fabio Fiore e Gianni Guizzardi, che hanno preparato varie specialità come pancetta, carrè di manzo, pollo alla birra, mini hamburger ed altro ancora.
Il chiosco di Biagio di Sasso Marconi offriva le crescentine ripiene di pancetta arrotolata e prosciutto di Praga.
Lo chef Ivan Poletti ha cucinato un ottimo risotto con ragù di capriolo, il tutto accompagnato da vini del territorio e non, o da birre artigianali della Manifattura birre di Bologna.
Tra una degustazione e l'altra era possibile acquistare i prodotti Zivieri, ed anche i vini assaggiati,  nel negozio che dalla prossima settimana  sarà aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 17.00 e il sabato dalle 8.00 alle 12.00.
Livia Elena Laurentino